Con Il
“dilavato e graffiato schermo” di Alessandro Manzoni, Antonella Brancaccio compie
un’originale ricognizione storica e critica sulle metamorfosi cine-televisive dei
Promessi Sposi, partendo da una più
diretta considerazione sul rilievo che la dimensione visiva assume all’interno
del romanzo, sia nei suoi svolgimenti descrittivi che nei suoi sviluppi
linguistici e stilistici, sia nella proiezione figurativa data dalle xilografie
di Francesco Gonin per l’edizione illustrata del 1840. Tenendo conto
dell’attenzione che la critica più recente ha rivolto alle vignette della
Quarantana, l’indagine di Antonella Brancaccio neapprofondisce la gestualità e
il carattere scenico,rivelando una vera e propria disposizione “registica”
dello scrittore in rapporto all’illustratore.Questa sezione preliminare, ma
essenziale per l’evidenza che dà alla prospettiva più specificamente
letteraria, si confronta problematicamente con la riflessione teorica
sviluppatasi nel Novecento sugli effetti dello sguardo e sul rapporto tra
parola e visione. Che si tratti di
tentativi per il piccolo o grande schermo o, ancora, di progetti incompiuti,Antonella
Brancaccio si sofferma sui vari rimaneggiamenti,ricostruendone di volta in
volta le vicende produttive, le scelte d’impostazione, le reazioni del pubblico
e della critica. A ciòaggiunge un ampio assortimento iconografico, frutto di un
diretto esame di tutto l’ampio materiale disponibile, che conduce a verificare
le continuità e le sfasature della resa visiva, il modo vario di lavorare
dentro l’“archivio” figurativo definito nella prima sezione del lavoro. Il
“dilavato e graffiato” schermo di Alessandro Manzoni scrive,
insomma,un capitolo fondamentale di storia della ricezione, esplorando un
immaginario popolare e nazional-popolare al quale il romanzonon cessa, suo
malgrado, di essere sacrificato.
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