Dizionarietto dei mestieri in bergamasco

Collana: Ricerca e Storia

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Un elenco alfabetico dei mestieri come essi suonano in lingua bergamasca non attiene all’estemporaneità né risponde a curiosità epidermiche.


Titolo: Dizionarietto dei mestieri in bergamasco


Autore: Umberto Zanetti


Anno: 2004


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Collana: Ricerca e Storia


DESCRIZIONE

Un elenco alfabetico dei mestieri come essi suonano in lingua bergamasca non attiene all’estemporaneità né risponde a curiosità epidermiche.
I progressi tecnologici ed i mutamenti intervenuti negli ultimi cinquant’anni nel mondo produttivo e finanziario hanno determinato la scomparsa di molte attività tradizionali, che talora possedevano un loro lessico dialettale, ed insieme il sorgere di nuovi impieghi denominati sovente con termini mutuati da un rozzo angloamericano utilitaristico (si pensi al banalissimo disc-jockey, ridotto alle iniziali d.j., usualmente proferite secondo la pronunzia inglese). Nel contempo si è assistito ad un costante regresso dell’uso delle lingue locali, indice di un affievolimento della consapevolezza di appartenere ad una comunità e ad un territorio; decadendo l’uso del dialetto, scompaiono le parole che per lungo ordine di secoli hanno designato atti ed oggetti inerenti alle professioni, ai mestieri, alle attività dell’uomo. Perché la memoria non si disperda, sorge la necessità primaria di registrare, di radunare e di tramandare le voci usate per indicare chi compiva tali attività. E s’impone la scelta di un criterio espositivo del patrimonio lessicale così documentato.
Per quanto attiene alla raccolta delle voci, ci si è prevalentemente avvalsi di alcuni autorevoli repertori alfabetici ai quali ricorrere, primo fra tutti il Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni (II ed., 1873) di Antonio Tiraboschi. Ma è indispensabile anche il Vocabolario bergamasco-italiano (1859) di Stefano Zappettini e risultano certamente utili il Piccolo vocabolario bergamasco-italiano (1905) di Marco Carminati e Gian Giacomo Viaggi e per l’area trevigliese Gente e parole (1975) di Tullio Santagiuliana. Questi testi sono attendibili e vi si può fare riferimento senza tema d’incorrere in errori e imprecisioni, purtroppo rilevabili ad abundantiam in operazioni lessicografiche dilettantesche e fuorvianti, imputabili a scarsa competenza filologica.
Nella raccolta dei vocaboli si è fatto ricorso anche a lessici settoriali, come la “Terminologia delle coti” compilata da Antonio Tiraboschi e compresa nel saggio Dalla cava alla campagna (1988) di Franco Nicefori.
Non pochi vocaboli qui registrati non figurano tuttavia in alcuno dei succitati repertori, essendo stati uditi e annotati durante gli anni da chi scrive. I termini, che raggiungono il numero di settecento, appartengono in sostanza al dialetto medio usato a Bergamo e nei centri vicini fra l’Ottocento e il Novecento; nell’elencazione appaiono inevitabilmente diversi neologismi (veri e propri barbarismi come alevadùr, colaudadùr, ebanésta, equilibrista, investigadùr, istrütùr, müsicànt, perlöstradùr, ma anche termini ormai correnti, attestati dai repertori lessicografici o uditi dalla viva voce dei parlanti, come carpentér, fiurér, macelér, salömér). Non sono peraltro poche le voci riferibili a mestieri, attività e ruoli sociali tipici di secoli precedenti: si pensi a spissiér, praticamente soppiantato dall’italiano farmacista, all’irridente cìcia-bachète, all’ironico maiagróp, allo spregiativo regatù, ad altre voci ormai in disuso quali balotì, banderàl, boletinér, borlandòt, lampiunér, pelabròch, pissamantèl, recitùr, tirapé. Ma si pensi ancor più agli antichi mestieri attestati dalla persistenza di alcuni cognomi di formazione tardomedievale e di sicura tradizione bergamasca quali Acquaroli, Archetti, Avogadri (da avogaro, ‘avvocato’), Baglioni (da baiulus, ‘ufficiale di giustizia’), Barbieri, Battaglia (nel significato di ‘uomo d’armi’), Beretta (soprannome estratto da beretarius), Bergamelli e Bergamini, Boatti e Boeri (per designare chi accudiva i bovini), Bombardieri, Caccia, Calderoli, Calegari (da caligarius, ‘fabbricante o venditore di calzature’), Campari, Cantini, Carbonari, Carrara (da carrarius, ‘fabbricante o guidatore di carri’), Casari, Castaldi, Castoldi e Gastoldi (dal longobardo gastald, ‘amministratore’ e quindi ‘fattore’, ‘uomo di fiducia’), Cattaneo (contrazione di capitaneus, ‘magistrato o funzionario civile con compiti di comando’), Cavagnis, Cavallari e Cavalleri (dalla voce bizantina kaballàrioi, ‘soldati assegnatari di terre di confine’), Cavalli (nel significato di ‘allevatore o guardiano di cavalli’), Citaristi, Confalonieri (‘chi regge il gonfalone o stendardo delle milizie’), Consoli, Cordani, Cortellini, Crivelli, Donizetti e Donzelli (diminutivo di dominus, ‘piccolo signore’), Fabretti e Fabbri, Facchinetti, Facheris (forma ipercorrettistica di vachér), Fadigati (da fatigare con suffisso aggettivale –at-), Fantini e Fantoni (nel significato di ‘garzone’), Fattori, Fatutti, Fenaroli e Fenili (nel senso di ‘persona addetta alla fienagione’), Ferrari e Ferraroli, Figaroli (figaröl, ‘raccoglitore di fichi’), Fogaroli (‘artigiani che lavoravano il ferro scaldandolo col fuoco’), Fornoni (fornù, ‘addetto al funzionamento di un forno’), Frigeni e Frigeri (frizero, ‘costruttore o lanciatore di frecce’), Giudici, Lanzi e Lanzini (nel significato di ‘lanciere’, ‘portatore di lancia’), Maniscalchi, Marcandelli, Marcassoli (marcansöl, ‘piccolo mercante’), Marozzi, Masserini, Medici, Mercantelli, Milesi (dal nominativo altomedievale miles, ‘soldato’), Mistri, Mistrini (forma contratta e diminutiva di magister), Nodari (da notarius), Organisti, Ortolani, Pagliaroli, Pellicioli (‘venditore di pellicce’), Perolari (‘falegname specializzato nella produzione di piroli o piuoli’), Poma (nel significato di ‘raccoglitore di mele’), Postini, Prestini, Regazzoni (‘garzone’), Salaroli (‘addetto alla salagione’), Sartori e Sertorini, Scarpellini, Scudeletti, Seghezzi (nel senso di ‘falciatore’), Seriolini (seriolì, ‘addetto alla manutenzione di una roggia’), Signorelli (nel significato di ‘piccolo proprietario’), Signori, Spada (‘fabbricante di spade’), Tentori e Tintori, Tessadri (da tessator, ‘tessitore’), Tiraboschi (nel senso di ‘bandito’, eufemisticamente allusivo al grassatore che attirava il viandante in un bosco), Vassalli, Vavassori (‘chi doveva obbedienza al vassallo di un feudo’), Verzeri e Verzeroli (‘verduraio’).
Certo lo studio delle vecchie carte gioverebbe ad una più approfondita conoscenza dei mestieri esercitati nei secoli antecedenti l’Ottocento: basterebbe avere presenti gli statuti corporativi tardomedievali o, meglio, scorrere l’elenco degli estimati di Bergamo dell’anno 1527 (si veda il quaderno n. 5 della Sezione “Archivi Storici” della Biblioteca Civica “Angelo Maj” di Bergamo pubblicato nel 1995 a cura di Laura Bruni Colombi e Maria Mencaroni Zoppetti) per rilevare l’esistenza di mestieri quali aromatarius, cimator, sutor, mercator ferraritiæ, merzarius, beretarius, beccarius, librarius, cyrurgus, stringarius, piltrarius, maringonus, brentator, venditor farinæ, zavatarius, calegarius, fructarolus, fornarius, portator, barbarius (tonsor), murator (cementarius), prestinarius, spatarius, cultellarius, strazarolus, scortezarius, draparius (in gran parte evidenti latinizzazioni di voci bergamasche, alcune delle quali tuttora di uso comune). Qualche problema si potrebbe incontrare nel restituire l’originaria fonetica bergamasca alle denominazioni di alcuni mestieri desueti, la cui forma è a noi nota solo attraverso la latinizzazione o l’italianizzazione: è il caso della voce composta pizzicamorti, ‘monatto’, non attestata nei repertori lessicali ottocenteschi. In bergamasco sarà suonata pìssiga-mórcc?
Ragioni eminentemente pratiche inducono a privilegiare il criterio alfabetico, di facile consultazione, rispetto ad altri ben più problematici. Ovviamente la traduzione è dal bergamasco all’italiano e non viceversa perché sono le parole bergamasche a suscitare interesse. Generalmente quando la parola bergamasca coincide con quella italiana (ad esempio, fotògrafo, cardiòlogo, dentista, pianista, idràulico, ecc.) si è ritenuto di escluderla dall’elenco. D’altra parte al giorno d’oggi in ogni elencazione merceologica prevale la denominazione impersonale dell’attività (es.: arredamenti) sul nome di mestiere (es.: arredatore) mentre solitamente è quest’ultimo ad apparire in bergamasco.
Il vocabolo è qui riportato per lo più al maschile ma si è ricorso anche al genere femminile in qualche caso caratterizzato da una lunga consuetudine (es.: balerina, filatoéra, mendadura, sopressadura).
Come si è detto, il dialetto usato è quello medio parlato nell’età moderna e contemporanea nella città di Bergamo e nel suo territorio. Tuttavia non si è potuto fare a meno di riportare voci tipiche di aree tradizionalmente omogenee, come quella trevigliese (es.: bandadùr, cardighér, legnamér, prestinér). E si sono necessariamente raccolte e comprese nell’elenco molte voci poco o punto usate nella seconda metà del Novecento ma ben documentate ed attinenti a mestieri desueti (es.: còcio, ‘cocchiere’). In simili casi si è talora riprodotta fra virgolette la definizione data dal lessicografo dal quale è stato attinto il vocabolo.
Il presente lavoro non accampa la pretesa della completezza; qualcosa può essere sfuggito ma la quantità e la varietà dei termini appaiono comunque cospicue.
Si osserverà la presenza di numerose voci riferite a varie strutture e organizzazioni della vita civile e sociale, dal mondo ecclesiastico agli apparati militari, dalle cariche amministrative alle diverse articolazioni della burocrazia. Ma si noterà soprattutto la tipicità di voci afferenti ad operazioni connesse con i lavori tradizionali della campagna (es.: batidùr, fuladùr, pertegadùr, ranzadùr) e con particolari aspetti produttivi del mondo contadino, come la bachicoltura, tanto diffusa un tempo da originare un suo lessico vario e appropriato (es.: bigatér, filadùr, galetér). Di altri lessici settoriali sono evidenti nell’elenco le tracce, riferibili soprattutto all’epoca della prima espansione industriale, quando nelle officine furono introdotte le prime macchine mosse artificialmente, il che comportò una diversificazione di attitudini e di competenze e la conseguente specializzazione delle maestranze. Risultano peraltro assai vive e articolate le attività artigianali come sviluppato e variegato appare il commercio al dettaglio, in netto contrasto con la tendenza in atto al concentramento dei punti di vendita, all’omologazione dei prodotti, ridotti a poche specificità, nonché al degrado delle qualità con il pretesto dell’abbattimento dei costi.
Le denominazioni qui raccolte aiuteranno a ricostruire a ritroso la storia sociale e del lavoro della comunità bergamasca per almeno una decina di generazioni, alla memoria delle quali questa piccola fatica è dedicata per tributo di gratitudine. Per quel poco di benessere di cui talora si può godere si deve infatti ringraziare soprattutto l’indomita e tenace dedizione al lavoro di quanti ci hanno preceduto; a chi verrà dopo di noi occorre augurare di non disperdere lo spirito di tale dedizione.